Saturday 8 October 2011

Essere buddista e genitore (Parenting as a Buddhist)

 Il mio figlio Julian meditando (My son Julian meditating at school)

Recentemente ho letto un articolo sul sito Rebel Buddha che parlava della educazione dei figli. E' stato scritto da Jack Elias che come me fa coaching PNL. E' un post ben scritto e illuminante, anche se è semplice e breve. L'articolo parla della questione dei bambini e buddismo, cioe come fai a sapere se i vostri figli sono buddisti?
Mio figlio ha appena compiuto quattro anni così la questione non è davvero un problema per me, ma il titolo fa riferimento alla tema di usare i principi e le idee
buddisti per informare il comportamento dei genitori e il processo decisionale.
Il mio
primo insegnante di meditazione, che ha insegnato soprattutto vispassana nella tradizione Theravada, è stata motivata dall'idea che i bambini imparano a meditare e, infine, ha scritto un libro sulla tema . Lei pensava che fu opportuno insegnare i bambini a meditare da tre anni in poi.
A livello pragmatico, la domanda che ho non è se io debba in qualche modo insegnare a mio figlio a meditare, ma quanto dovrei cercare di influenzare la sua crescita portandolo nel mondo buddista. L'articolo di Elias propone un punto importante e valido che trovo utile in questa fase iniziale della genitorialità. Ha parlato di Suzuki e 'la mente del principiante' e i consigli di Trungpa di non contaminare la naturalità dell'essere del bambino. Entrambi questi insegnanti sono stati presenti nella vita di Elias, quindi è giusto dire che il consiglio non era solo generico, ma personale.
L'idea di onorare la naturalezza del mio figlio e di permettergli di giocare ed esplorare il mondo con una mentalità da principiante che vuol dire in parte essere piena di affascino e curiosità sfida il mio bisogno di sentirmi in controllo come un genitore, e poi gioca sul conflitto naturale tra
il desiderio di fissarlo e di influenzare la sua cresità e svillupo carateroriale e la libertà di esplorare e scoprire tutto per se stesso. Imparare a lasciare andare il controllo è stato un tema importante in tutta il sviluppo spirituale e personale, quindi è giusto dire che essere padre è stato una vera sfida per me e che continua ad esserla.
Forse ho iniziato a capire che una parte del mio concetto sulla natura della mente del principiante è stato impreciso. Non comporta il essere un bambino ingenuo,
ma accetare l'esperienza come se fosse sempre nuovo, fresco, e senza forzare i miei preconcetti sulla esperienza diretta. In relazione a mio figlio questo sembra implicare essere presente come un adulto, come suo padre, con un impegno per esplorare le cose come sono, con curiosità e un senso di giocosità e di abbandono. Per tutto il tempo mantenendo i miei doveri di padre, ma che permette il suo mondo di influenzare la mia quanto la mia influenza la sua vita.
Questo approccio sposta l'enfasi da un dinamico di potere in cui io sono in controllo, decido e domino, ad uno in cui ci è co-creazione e un esperienza mutuo e coinvolgente nel gioco e l'apprendimento.
Il mente principiante ricorda che, come si disegna e canta va bene così com'è. Che non è sbagliato quello che fa quando non si adatta alla norma. Mostrandogli altri modi diventa un invito piuttosto che una imposizione. Si tratta di una semplice modifica, un riallineamento, ma è profondamente importante in quanto significa lasciar andare il controllo, e permette l'esplorazione, e significa una libertà in cui non si svilupperà in una forma che mi piacerebbe che diventasse.
Questa è un'altra faccia della dottrina del lasciar andare. Fino ad ora l'esperienza mi  ricorda di come è cambiato il mio lavoro spirituale, il più che riesco a lasciar andare, più sono in grado di vivere. Più che lascio andare mio figlio, più sono in grado di abbracciarlo. E 'un paradosso divertente e vecchia.



I recently read a post about parenting on the Rebel Buddha website. It was written by Jack Elias, who like me does NLP coaching. It's a well written and enlightening post, even if it is simple and short. The article bought into question the issue of children as Buddhists, that is, How do you know if your children are Buddhists?
My son has just turned four so the question is not really an issue, but the title does point to whether one should allow Buddhist principles and ideas of practice to inform parental behavior and decision making.
My first meditation teacher, who taught primarily vispassana in the Theravada tradition, was motivated by the idea of children learning to meditate and eventually wrote a book on the subject.She seemed to think it appropriate to teach them from three onwards.
On a pragmatic level the question I have though is not about whether I should somehow teach my son to meditate, but how relevant it is to try to influence my son's growth by bringing him into my Buddhist world. Elias' article made an important and valid point that I find useful at this early stage of parenting. He spoke of Suzuki's emphasis on beginner's mind and Trungpa's advice to not contaminate the naturalness of being. Both of these teachers were present in Elias' life, so it's fair to say that the advice was not just general, but deeply personal.
The idea of honouring my son's naturalness and allowing him to play and explore the world with a beginner's mind is both fascinating and curious. It challenges my own need to feel in control as a parent and plays on the natural conflict between seeking to mould and allowing the freedom to explore and discover. Learning to let go of control has been a major theme throughout my spiritual and personal development, so it's fair to say that being a father has been quite a  challenge.
Perhaps I have started to understand that part of my own concept on the nature of beginner's mind was inaccurate. It does not involve being a naive child, but rather approaching experience anew and without forcing preconceptions onto direct experience. In relation to my son this seems to imply, being present as an adult, as his father, with a commitment to explore things as they are with curiosity and a sense of playfulness and abandon. All the while maintaining my duties as a father, but allowing his world to influence mine as much as I might let mine influence his.This shifts the emphasis from a power dynamic in which I am in control, decide and dominate, to one where there is co-creation and a mutual engaging with experience, play and learning. 
Beginner's mind reminds that, how he draws and sings is fine as it is. That it's not wrong what he does when it doesn't fit the norm. Showing him other ways becomes an invitation rather than an imposition. It's a simple change, a realignment, but it's profoundly important as it means letting go of control, and allowing exploration, and it means a freedom in which he will not grow into a form that I would like him to become.
This is another face of the teaching of letting go. So far the experience has reminded me of how my own change work has gone, the more I let go, the more I am able to live. The more I let go of my son, the more I am able to embrace him. It's a funny old paradox.



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